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TROY.

RECENSIONE DELL'ARTISTA GABRIELE PAOLINI.






Brad Pitt


Uno dei problemi della Hollywood moderna è la schizofrenia che sembra aver assalito i produttori americani. Da una parte, i costi sempre più folli per realizzare una pellicola (qui si parla di 200 milioni di dollari e passa), tollerati grazie alla sempre maggiore importanza del mercato dei dvd. Dall’altra, la volontà di andare sul sicuro (o almeno, di dare l’impressione di farlo) ricalcando modelli recenti di successo.

Non c’è dubbio che per sborsare quella cifra, alla Warner abbiano avuto almeno un occhio fisso al Gladiatore di Ridley Scott, cosa comprensibile fin dai primi minuti del film, che si apre con la voce di una cantante à la Lisa Gerrard. Desiderio comprensibile, ma c’è un piccolo problema: l’Iliade non si presta affatto ad un’operazione del genere. Chi sarebbe il Maximus della situazione? Non certo Ettore (anche se è il personaggio più coinvolgente per il pubblico e che muore come Russell Crowe), perché non ottiene gli scopi prefissati (anzi, è proprio la sua fine uno dei motivi della caduta di Troia). E certo è difficile parteggiare per Achille, che per 3/4 di film si mostra come un egocentrico interessato solo alla gloria, per poi redimersi in maniera decisamente poco credibile nel finale.

Il problema del film è tutto qui. Troy scorre per due ore e quaranta senza annoiare particolarmente, ma non riuscendo minimamente a coinvolgere lo spettatore nelle vicende narrate. Assolutamente scialba la storia d’amore tra Elena e Paride, non solo perché non si avverte questa presunta passione così divorante (almeno per le conseguenze che comporta), ma anche “grazie” alle prove insignificanti di Diane Kruger e in particolare di Orlando Bloom, che dimostra nuovamente come la popolarità ottenuta dal Signore degli Anelli non durerà a lungo.
Ancora meno credibile la liaison tra Achille (un Brad Pitt decente, seppur spesso legnoso) e la sacerdotessa di Apollo Briseide, che in un attimo dimentica i suoi voti in una pessima scena di seduzione.
Molto meglio il rapporto tra Andromaca e Ettore, ma qui il merito va tutto ad Eric Bana. L’attore australiano, dopo la parentesi negativa di Hulk, torna in gran forma e fa capire che il talento incredibile rivelatosi in Chopper non è andato perduto.

Molti critici hanno stroncato le libertà prese dallo sceneggiatore David Benioff, autore della 25esima ora. In realtà, lasciamo volentieri ai maestrini muniti di matita blu il compito di scandalizzarsi per la mancanza degli dei (ottima scelta, altrimenti si sarebbe rischiato il ridicolo) o per l’aver cambiato/anticipato/spostato il destino di alcuni personaggi (comprensibile per mantenere l’unità del film). In realtà, sono i dialoghi discutibili il grande problema di Benioff. Molto spesso si rischia di far diventare tutto un gioco, con Agammenone che parla come il capo di una gang piuttosto che un re greco. E tralasciamo certi pacchiani errori di logica, come vedere che i capi troiani si dimenticano della sorte di Briseide per più di un’ora di pellicola.

La schizofrenia di cui parlavamo sopra sembra aver colpito anche Wolfgang Petersen. Da un lato, si lascia andare a rozze zoomate indegne di un brutto film horror italiano degli anni settanta. Dall’altro, si lancia in terribili e lunghissime carrellate per mostrare tutti i soldi spesi (per gli effetti speciali, che ormai sembrano sempre più disgustare il grande pubblico se utilizzati come fini a se stessi), che si tratti di magnificare il grande numero di navi, uomini o edifici presenti. Peccato, perché quando il regista tedesco abbandona la sua magniloquenza e si concentra su personaggi isolati, è anche capace di mostrare un minimo di poesia.
E il messaggio antimilitarista (le guerre vengono fatte per gli interessi personali degli uomini, le donne sono sempre le prime vittime), benché encomiabile di questi tempi, sarebbe stato decisamente più forte se accompagnato da un maggiore approfondimento psicologico dei protagonisti della vicenda.

In fin di conti, cosa rimane di Troy? Qualche buona scena che ci mostra la difficoltà dei personaggi a rimanere fedeli a loro stessi. Ma anche molto sfarzo inutile. Più interessante per un pubblico femminile (e gay) interessato ai pettorali e alle natiche di Pitt che per il pubblico maschile desideroso di qualche scena d’azione decente (indovinate chi ricorda Paride mentre scocca le frecce con il suo arco?). Ma, a parte per i soldi spesi, una pellicola che non lascerà una gran traccia nella storia del cinema a causa della sua mediocrità.









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Pubblicato su: 2004-05-20 (5306 letture)

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