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BORDERTOWN.

RECENSIONE DELL’ARTISTA GABRIELE PAOLINI.







BORDERTOWN. RECENSIONE DELL’ARTISTA GABRIELE PAOLINI.

Jennifer Lopez, una giornalista anticorruzione

Storia ambientata ai confini del Messico nel film di denuncia firmato da Gregory Nava, con Banderas

Lauren Fredericks (Jennifer Lopez) è un'ambiziosa giornalista del Chicago Sentinel che sogna di diventare corrispondente dall'estero. Ma ben presto i suoi sogni si scontrano con la volontà del suo capo, George Morgan (Martin Sheen), che la spedisce a Juarez, in Messico, a caccia di notizie sui misteriosi omicidi di alcune giovani donne. Le vittime sono per lo più impiegate delle "Maquiladoras", le fabbriche di assemblaggio di prodotti elettronici diretti al mercato americano, situate lungo la frontiera con gli Stati Uniti. Giunta sul posto, Lauren chiede aiuto ad Alfonso Diaz (Antonio Banderas), suo ex collega e ora direttore di un piccolo quotidiano locale, "El Sol de Juarez". Insieme, i due giornalisti iniziano una disperata battaglia per cercare di smascherare una vasta rete di corruzione che si estende sui due lati del confine, ma soprattutto per proteggere Eva, unica superstite dei feroci attacchi alle giovani messicane.

La Bordertown del titolo è la città di Juarez, sulla fascia territoriale che si estende al confine tra Messico e Stati Uniti, dove tante ragazze locali vengono impiegate nelle catene di montaggio di multinazionali senza alcun tipo di considerazione, diventando obiettivo privilegiato per ogni tipo di crimine per malintenzionati occasionali sicuri dell'impunità che nasce dal disinteresse delle istituzioni. Il governo e le autorità, infatti, insabbiano, reprimono il dissenso, falsificano le cifre, gettano fumo negli occhi dichiarando una normalità che, invece, a Juarez, non è affatto di casa. Emblematica, a tal proposito, la frase del giornalista messicano interpretato da Banderas: «Vuoi uccidere una donna per un qualche motivo? Vieni a Juarez, qui te lo lasceremo fare!». Le sparizioni vanno da un minimo di più di 400 (accertate) a un massimo di circa 5000 (stimate).

Su queste basi è nato un film di denuncia che fa a pugni con le regole ferree dello star system e che, pertanto, schiera i due affermati belloni di turno, ossia Jennifer Lopez e Antonio Banderas, la presenza dei quali è assolutamente inutile ai fini della riuscita del film. Certo, l'incipit della pellicola è sostanzialmente veritiero: solitamente, sono gli autisti degli autobus che portano a casa le operaie dalle "maquilladoras" per svoltare all'improvviso verso zone buie e desertiche, dove cedere le donne in pasto ai loro violenti torturatori e assassini: si tratta, molto spesso, di gente facoltosa, che aspetta nell'oscurità a bordo delle proprie limousine. Una donna, però, riesce a sopravvivere allo stupro fingendosi morta. Da allora tutti vogliono la sua testa: la polizia che vuole tapparle la bocca, la malavita di Juarez, il ricco bastardo che l'ha violentata. In suo soccorso accorre la Lopez, reporter decisa a tutto pur di avere il suo articolo-bomba sulla vicenda. Ed è proprio da questo punto in poi che il film di Nava si trasforma in un thriller d'azione come tanti altri. A fronte di un sincero intento volto a denunciare la situazione in oggetto, troviamo dunque una sceneggiatura che non risulta all'altezza della situazione e che, abbandonandosi al cliché, deve fare i conti con una protagonista intenta a spiccare nel trito ruolo della giornalista senza macchia, impavida ed instancabile. Peccato.









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Pubblicato su: 2007-04-02 (103 letture)

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